Come uomo di scuola ormai da ventidue anni, vorrei chiudere questo lavoro con alcune considerazioni più da insegnante e da cittadino (da uomo, stavo per scrivere) che non da curatore di un’antologia critica di testi altrui.
L’articolo di Maria Gloria Parigi precede, nella sua uscita, gran parte di quelli riportati nel Capitolo IV°.
Di esso vorrei ricordare soltanto l’efficacia didascalica con cui l’autrice sottolinea la forza dirompente della Lettera, prevedendo -con piena ragione- che essa "farà più male alla reazione di una grande battaglia perduta".
Ed anche richiamarne il giudizio (che non ha perso purtroppo la sua attualità) su una consistente parte della scuola italiana, di ogni ordine e grado: laddove l’autrice deplora "la mezza coscienza e la pigrizia di insegnanti, presidi, direttori, provveditori, legislatori, parlamentari e ministri".
E’ vero: la Lettera è un "atto di accusa" che ancora oggi deve farci tutti tremare, nessuno escluso, senza che alcuno possa chiamarsi fuori.
Credo che si possa e si debba, a trentacinque anni dalla Lettera, sottoscrivere fino in fondo (e per quanto mi riguarda lo faccio con totale convinzione, da insegnante e da cittadino) quello che chiedevano in chiusura di libro i ragazzi di don Lorenzo: "Anche se non sono d’accordo su tutto quello che dite, so che la nostra scuola non va".
Ecco: questa, con sette lustri di ritardo, credo debba ancora essere la mia, la nostra risposta alla Lettera, quella che i ragazzi chiedevano, che don Lorenzo avrebbe voluto.
Marco Moraccini