1960
L’autore della lunghissima recensione scrive che "Esperienze pastorali sta tra i due o tre libri più fecondi e stimolanti di questo dopoguerra". Egli mette in rilievo che Milani aveva compreso che "l’unica impresa rivoluzionaria possibile in Italia, nelle circostanze odierne, comincia nella scuola popolare".
Di Milani si esamina il periodo sandonatese, ed in particolare Esperienze pastorali, di cui l’autore fa una lettura pedagogica. Secondo l’autore, il disprezzo di Milani per il marxismo come teoria "è molto epidermico" e in realtà "egli condivide tutte le tesi del marxismo serio (il ‘materialismo’ in senso metafisico non vi rientra)".
Un articolo di due pagine su Esperienze pastorali, con ampi stralci tratti da esso ed un giudizio molto positivo sul libro "il cui vero pregio sta in quell’aspirazione alla giustizia e alla verità che mette don Milani al di sopra di ogni fazione politica".
1963
Riporta la lettera "circolare" inviata da Borghi e Milani a tutti i sacerdoti della Diocesi fiorentina. Riccioni (1974) attribuisce l’articolo ad autore anonimo.
1964
L’autore, come ricorda Riccioni (1974), fa un riferimento a Esperienze pastorali come esempio di studio sociologico nelle campagne.
È la risposta di Florit alla lettera di don Milani e don Borghi ai preti della diocesi, in cui li si invitava a prendere posizione su alcune decisioni prese dall’arcivescovo. Florit fa sapere che Milani e Borghi, ove lo desiderino, potranno lasciare la diocesi di Firenze "in ogni momento".
Alcune precisazioni sul passaggio di Milani da San Donato a Barbiana. Citato in Riccioni (1974).
È la risposta di Florit alla lettera di don Milani e don Borghi, che la rivista aveva riportato nel numero 77-78.
Si riferisce alla risposta di Florit alla lettera del 1° ottobre di don Milani e don Borghi ai preti della diocesi.
"Due sacerdoti, don Bruno Borghi e don Lorenzo Milani -noto quest’ultimo per il libro Esperienze pastorali- non hanno esitato davanti alla via della aperta ribellione". Riporta la vicenda della ‘lettera circolare’ dei due sacerdoti al clero della diocesi.
1965
In questa occasione il priore aveva acconsentito a ricevere il giornalista a patto che non venissero scattate fotografie: viceversa, avendo accettato di farsi fotografare coi ragazzi della scuola "solo per ricordo", la sua immagine, sdraiato sul letto e con la barba incolta, finì sulle pagine del giornale, in un lungo servizio su quattro pagine.
L’autore definisce "appassionata e vibrante" la lettera di Milani in risposta ai cappellani militari, scritta il 22 febbraio ed inviata a numerosi giornali, ma pubblicata integralmente il 6 marzo solo da Rinascita. Viene pubblicata una parte della lettera ai cappellani militari.
Si tratta della pubblicazione di una parte della risposta del 22 febbraio ai cappellani militari, inviata a numerose testate, ma che solo Rinascita pubblicherà integralmente il 6 marzo.
Si tratta della risposta di Milani ai cappellani militari.
Si tratta, come ricorda Riccioni (1974), di una lettera di adesione a quanto scritto da don Milani, inviata a diversi quotidiani e firmata da B. Borghi, G. Pelagatti, V. Nocentini e altri.
Si tratta della risposta ai cappellani militari.
Con riferimento alla lettera aperta di don Milani agli ex cappellani militari, si sottolinea la forza delle idee espresse da Milani ed il suo coraggio di esprimerle pubblicamente, auspicando che nell’ambito della stessa Chiesa, le posizioni come quelle di Milani cessino di apparire donchisciottesche.
Mentre questo giornale non ha mai pubblicato il testo della risposta di don Milani agli ex cappellani militari, pubblica invece con ampio risalto l’esposto denuncia alla Procura della Repubblica di Firenze presentato contro il sacerdote da sei ex combattenti.
Coglie nella Lettera ai giudici il punto cruciale del "diritto di disobbedire a tutti i livelli".
Un breve articolo siglato c. d. i., in cui si dà notizia dell’esposto-denuncia contro Milani.
Viene ripubblicato il giorno dopo l’articolo de La Nazione Sera.
Citato in Lunardi (1971).
L’articolo viene citato in Riccioni (1974), anche se non vi appare il nome di Milani, né un riferimento alle sue vicende.
Il quotidiano romano della destra attacca le posizioni di don Milani, di cui si dice che non può "rimanere un’ora di più nella sede parrocchiale", rivolgendosi al Governo e al Ministro della Difesa.
Si tratta della denuncia di Milani da parte di un gruppo di ex combattenti.
Il redattore capo del settimanale dell’estrema destra, recatosi a Barbiana il 9 marzo, trasformò il resoconto, peraltro abbastanza fedele, del colloquio da lui avuto con don Milani in una intervista mai rilasciata né autorizzata, ricostruendo il dialogo a memoria e ponendo alcune frasi tipiche della propaganda comunista in bocca al priore. Il servizio, secondo Pecorini (1996), mescolava "notazioni di cronaca a falsità, insulti, insinuazioni e diffamazioni". Tra l’altro, l’autore accusa padre Santilli di aver "apposto arbitrariamente" la firma del Cardinale Dalla Costa su Esperienze pastorali. Padre Santilli risponderà su Vita Sociale. Al priore è dedicata anche la copertina del settimanale. Riccioni (1974) attribuisce l’articolo (che cataloga per due volte) ad autore anonimo.
Rinviando al servizio di Pingitore, l’articolo, siglato g. n. p., parla di preti "pieni di veleno politico come il don Milani".
Si riportano i nomi di un gruppo di intellettuali che esprimono adesione a quanto scritto da don Milani.
"Per la seconda volta nel giro di pochi mesi, la diocesi di Firenze è stata scossa dall’iniziativa di due suoi sacerdoti d’avanguardia". L’autore, che firma l’articolo con lo pseudonimo di Celso, auspica un intervento sulla vicenda dei cappellani militari da parte del vescovo reggente Florit.
L’autore parla di "funzione disfattista di un qualsiasi don Milani" contro cui vanno difese "le sorti della scuola e dei giovani", da non affidare "a predicatori e agitatori malsani".
Un lungo articolo con due foto del priore, di cui si scrive che "nell’ala più progressista del clero italiano milita davanti a tutti don Milani, un prete toscano che dirige una piccola scuola a Barbiana nel Mugello, svolgendovi una spregiudicata opera apostolica".
Una lunga intervista al priore, che dichiara "Sono un maestro e come tale non devo né posso ammettere il compromesso. Debbo essere sincero, solo così posso insegnare ai miei ragazzi".
Il periodico diretto da Randolfo Pacciardi scrive di Milani che è uno di quei preti "imbevuti di progressismo e filo marxismo che per tanto tempo hanno dato scandalo con la loro condotta pubblica e le loro propensioni marxiste".
Ricostruisce la vicenda della risposta ai cappellani militari, riportando ampi stralci della lettera.
L’articolo, che è siglato p. p., è citato in Cristofanelli (1975): pur non nominando Milani fa un rapido riferimento ai "sacerdoti espressisi a favore dell’obiezione di coscienza".
L’autore ha saputo cogliere bene il punto centrale Lettera ai giudici, che è il problema dell’obbedienza. Milani ha "rotto con una certa tradizione che faceva del chierico e del maestro le comparse d’una società, disposta sì ad ammetterne l’esistenza, ma non disposta a riceverne altro insegnamento che non sia quello dell’obbedienza incontrollata agli ordini "superiori"".
L’autrice, a seguito di una presunta intervista a don Milani pubblicata dal settimanale dell’estrema destra Lo Specchio, afferma che il priore manifesta settarismo, fanatismo, spirito gregario; e che manca di mentalità cristiana, ragion per cui si meraviglia che abbia "ancora una tonaca sopra le spalle", concludendo con l’augurio che si decida "a buttarla alle ortiche", piuttosto che "dare un inutile scandalo". In risposta a questo articolo don Milani indirizzò una lettera al direttore del giornale, rimasta senza risposta ed inedita fino alla pubblicazione nel libro di Pecorini (1996). Nel libro di Cristofanelli (1975) però è riportata in appendice una dichiarazione della Zarri che sostiene di aver scritto a Milani per ospitare una sua eventuale rettifica all’articolo da lei pubblicato, senza però che il priore replicasse in alcun modo.
Risponde al giornale dell’estrema destra che sul n° 12 del 21 marzo lo aveva accusato, mediante un articolo di P. F. Pingitore, di aver apposto arbitrariamente la firma del cardinale Dalla Costa su Esperienze pastorali.
Si tratta di una breve lettera di un certo Mario Giubbi al direttore del settimanale, in cui tra l’altro si ricorda che don Milani non era stato l’unico cattolico a sollevare il problema dell’obiezione di coscienza.
L’autrice della lettera si dice "inorridita" dalle posizioni di don Milani.
Racconta di un dibattito organizzato dall’amministrazione comunale di Vicchio, al quale Milani, pur invitato, non partecipò per un divieto dell’Arcivescovo Florit.
Una lettera di un sacerdote che trova che il giornale "è stato coraggioso" ad attaccare Milani e gli altri "preti rossi", ma non accetta le critiche a Florit.
L’autore, che si definisce ex fante della prima guerra mondiale, auspica l’abolizione del servizio militare obbligatorio, prendendo spunto dalla vicenda di don Milani, a cui rivolge un plauso.
Il quotidiano del MSI riporta la notizia con evidente soddisfazione.
Un breve trafiletto con la notizia.
Nell’articolo si scrive che la lettera di don Milani in risposta ai cappellani militari dimostra che "la difesa della pace, la giustizia sociale, la libertà, la solidarietà con tutti i popoli [...] sono temi correnti di azione e di impegno".
L’autore è un cappellano militare in servizio che parla della risposta di Milani ai cappellani militari in congedo, ai quali si dice fraternamente unito, consigliando (a Milani) di non "parlare se non si ha piena e approfondita conoscenza per non esporsi a ingiustificati e grossolani errori".
Un violento attacco alla persona e all’opera di don Milani, sotto forma di un’intervista che mai era stata concessa. L’autore scrive che "la violenza di questo non violento non lascia spazio".
È una lettera al Direttore, in cui si puntualizzano alcune cose fatte dire dal giornale al priore, che lo scrivente ritiene siano state alterate. Un altro articolo con titolo analogo appare sul giornale in data 25 aprile.
Si tratta della lettera di Mazzoni in difesa di Milani, dopo l’articolo di Magi (1965b); essa fu pubblicata assieme a quella di un prete che invece definiva "equilibrato e privo di asprezza polemica" l’articolo su Milani, e ad una replica dello stesso Magi.
Si riportano alcune lettere al direttore del quotidiano favorevoli o contrarie alla posizione assunta da Milani. Raniero La Valle vi affianca un articolo sull’argomento.
Si riportano alcune lettere al direttore del quotidiano favorevoli o contrarie alla posizione assunta da Milani. Raniero La Valle vi affianca un articolo sull’argomento.
Una lettera aperta al priore, sulla "separazione, da parte cattolica, continuamente operata tra la coscienza morale e la coscienza storica".
Rispondendo ad una lettera di un certo Emilio Zincone che auspica un intervento per la rimozione di Milani, il giornale risponde che "magari l’originale comunista vestito da prete se ne resta tranquillamente nella sua canonica in Mugello a confezionare altre curiosità".
In questo articolo il priore di Barbiana viene descritto come un individuo imbevuto di astio e di odio di classe, e come un maestro che plagiava i propri allievi. Si dava quindi ragione, e nemmeno implicitamente, a chi lo aveva relegato in montagna. Contro questo articolo polemizzerà poi Enzo Forcella, sulle colonne dello stesso giornale. Sullo stesso numero del giornale c’è un pezzo intitolato Deve il galèro ai ribelli, sulla statura "modesta" di Florit.
Si riporta la presa di distanza dell’arcivescovo Florit (lettera al Clero in data 14 aprile, riportata sul numero di marzo-giugno del Bollettino Diocesano, a pag. 390) dalla lettera di Milani in risposta ai cappellani militari, scrivendo che "è da deplorare che a questa forma di demagogia e di classismo prestino la loro voce anche i sacerdoti".
L’autore scrive che sono stati deplorati "alcuni fermenti di intolleranza coltivati da certi cattolici".
Si tratta della lettera al Clero scritta in data 14 aprile. L’arcivescovo di Firenze, nel prendere posizione sul tema dell’obiezione di coscienza, accusa don Milani ed altri, pur senza nominarli esplicitamente, di "visione non equilibrata e talora interessata della realtà" e deplora le "forme di demagogia e di classismo". La lettera, fu pubblicata il 24 aprile anche sul quaderno n° 9 de La Civiltà Cattolica, (pag. 300-301), con il titolo Una lettera del card. Florit sull’obiezione di coscienza, e sul n° 10 di Palestra del clero, uscito il 15 maggio 1965, alle pagine 564-566. Successivamente è stata inserita in appendice nel libro della Fallaci (1974); recentemente è stata ripubblicata nel volume di Zambianchi (1997).
Nell’articolo si afferma che l’arcivescovo di Firenze "attacca apertamente" don Milani e i sostenitori del dialogo.
Si riporta il testo della lettera di Florit al clero della diocesi (in data 14 aprile, riportata sul numero di marzo-giugno del Bollettino Diocesano, a pag. 390), scrivendo che vengono deplorati "alcuni fermenti di intolleranza coltivati da certi cattolici".
L’articolo, citato in Cristofanelli (1975), fa riferimento alla lettera al Clero scritta dall’arcivescovo Florit in data 14 aprile, e riportata sul numero di marzo-giugno del Bollettino Diocesano, a pag. 390.
Si esprime solidarietà con i due sacerdoti.
Polemica lettera di risposta all’articolo di Falconi dell’11 aprile: per l’autore, "la carica di passione" contenuta nella denuncia che don Milani fa delle pratiche autoritarie della società civile e religiosa, può sì essere definita violenta, ma si tratta di una violenza di cui rallegrarsi, poiché è limitata alle armi dello sciopero e del voto. A proposito di questa lettera, Milani scriverà a Forcella il 19 aprile, invitandolo a visitare Barbiana. La lettera del priore è pubblicata in appendice a Cristofanelli (1975).
"Aderiamo alla lettera di don Milani e concordiamo con la necessità di porre gli interrogativi in essa contenuti".
L’autore, in questa lettera al Direttore, fa una parziale marcia indietro, in seguito alla risposta polemica ricevuta da Forcella (1965): riconosce la portata del pronunciamento di don Milani, pur ritenendone "obiettivamente inaccettabili" alcune posizioni, come "la predicazione dell’odio classista" e la sua scuola "tirannicamente dogmatica", "la parodia più raccapricciante del metodo socratico cui vorrebbe ispirarsi".
L’autore riporta una risposta di Milani al suo articolo precedente, di cui il priore sottolinea "il rispetto per la verità, accanto al dissenso" e dà notizia di aver ricevuto un assegno di 100mila lire dal Papa.
Si ricorda, in questo articolo su due colonne firmato r. m., in cui non viene mai nominato don Milani né altri, pur trattando implicitamente la vicenda dei cappellani militari, che i sacerdoti sono sotto il "vincolo di una legge superiore, non assente e non ignara delle istanze della patria terrena".
Rispondendo a un lettore che scrive al direttore, si afferma che i cappellani militari dovrebbero essere prima al servizio del Vangelo e poi dei regolamenti. Non vi sono qui riferimenti diretti a Milani. L’articolo appare in Riccioni (1974).
Si riporta la presa di posizione di Florit, contenuta nella lettera al Clero scritta in data 14 aprile e riportata sul numero di marzo-giugno del Bollettino Diocesano, a pag. 390-393.
Nello stesso numero appaiono anche lettere a favore o contro don Borghi e don Milani.
Nell’ambito di un’indagine in più parti, che toccherà anche i giovani filofascisti (Per le coscienze antidemocratiche non esistono problemi di coscienza) e terminerà intervistando a Firenze i giovani "lapiriani" (Nella trincea dei lapiriani), l’autore intervista dei giovani cattolici riguardo ai problemi sollevati dall’intervento di Milani (inserito tra i "preti progressisti") sull’obiezione di coscienza.
Riporta la autodifesa di Milani inviata ai giudici. Citato in Riccioni (1974), ma con un titolo errato.
Citato in Riccioni (1974). Ripete qui il titolo apparso il 3 aprile
Dà notizia del rinvio a giudizio del priore.
Citato in Riccioni (1974).
Solidarizza con Milani contro "gli incredibili insulti della stampa filofascista" per la risposta ai cappellani militari.
Viene pubblicata qui una lettera spedita il 19 aprile a L’Espresso, in cui si criticava l’articolo di Falconi Il prete amaro di Barbiana, e che il settimanale non aveva pubblicato. Citato in Riccioni (1974), il quale indica come testata il Bollettino del Movimento Cristiano Sociale.
Con una breve nota di introduzione, viene pubblicato il testo della Lettera ai giudici, definita "un testo di alto valore".
Si tratta dello scritto di un generale contro le posizioni di Milani, ed è citato in Riccioni (1974). "Padre Milani -sacerdote- ha nientemeno qualificati "briganti" tutti i Caduti per la patria. Non ci risulta che sia stato denunciato".
L’autore esprime la sua adesione alle idee di Lorenzo Milani, e scrive che in questo episodio (la polemica con i cappellani militari) vengono alla luce due modi diversi e contrapposti di intendere la religione. L’articolo era iniziato auspicando che si difendessero "i nostri poveri santi", almeno "finché vivono fra noi", con un chiaro riferimento alla grave malattia del priore.
L’agenzia (che Milani definirà "fascista") riporta un comunicato in cui si afferma che "la direzione centrale del PCI avrebbe invitato tutte le Federazioni provinciali a raccogliere fondi in favore di don Lorenzo Milani […] Sino ad oggi, sarebbero stati anticipati a don Milani circa tre milioni di lire". Il comunicato verrà ripreso su Il Giornale d’Italia del 26 ottobre, su Il Giornale di Bergamo del 27 ottobre, su Realtà Politica del 30 ottobre, su Documenti sul Comunismo del 15 novembre, su La Rivolta (Palermo) del 12 dicembre e su Il Borghese del 23 dicembre. In seguito, alcune di queste testate pubblicarono una smentita del priore, ma "con l’aggiunta di nuove spiacevolezze", come scrive don Lorenzo a Florit in data 5 gennaio ’66, rispondendo alla lettera del cardinale scritta il 1° gennaio.
In un lungo articolo, l’autore scrive di Milani che "la sua storia di sacerdote italiano appare esemplare" e ne sottolinea il suo non comunismo.
Si dà notizia del processo ormai alle porte.
Articolo con la notizia dell’inizio del processo al sacerdote "protagonista di una clamorosa iniziativa".
Inizio del processo a Milani, che a Barbiana "ha lavorato molto, con sacrificio di sé, con tenacia per educare i ragazzi".
Si dà notizia dell’avvio del processo.
L’articolo, che annuncia che Milani "non sarà presente al ‘suo’ processo", è citato in Riccioni (1974) e in Cristofanelli (1975).
Si definisce la lettera di don Milani "un documento di elevate qualità morali".
Il quotidiano pubblica il testo dell’autodifesa di don Milani, in terza pagina. Lo stesso avverrà su La Nazione Sera, con l’articolo di Cartoni (1965).
Annuncia l’inizio del processo.
Si dà notizia dell’inizio del processo.
Ancora un articolo sul processo al priore.
Contiene il testo completo della Lettera ai giudici.
L’articolo, che è firmato V. C., racconta tutta la vicenda che ha portato al processo contro don Milani ed il direttore di Rinascita, Luca Pavolini.
L’articolo è citato in Cristofanelli (1975). L’articolo è siglato G. G.
Un articolo con lo stesso titolo viene pubblicato dall’autore su La Stampa del 31 ottobre. Citato in Riccioni (1974) e in Cristofanelli (1975). L’articolo è siglato g. g.
Commenta il rinvio del processo a don Milani.
Si dà notizia che Milani, ammalato, non è comparso in tribunale.
Il quotidiano del M.S.I. dà notizia del rinvio e dell’assenza del principale imputato.
Si dà notizia che il processo è rinviato al 14 dicembre.
Articolo di cronaca del processo, siglato L. A.
Cronaca del processo, siglata N. S.
La notizia del rinvio ed il testo sintetizzato della Lettera ai giudici. È citato in Toschi (1994).
"In esso il sacerdote spiega le ragioni ed il significato della lettera inviata ai cappellani". Citato in Riccioni (1974).
In un lungo articolo non firmato, si dà notizia del memoriale di don Milani.
L’autore definisce la Lettera ai giudici come "un documento che costituisce uno degli esempi più alti di letteratura morale dei nostri tempi". L’articolo si conclude così: "Siamo d’accordo con don Lorenzo Milani".
Articolo di cronaca dell’udienza di apertura del processo a Milani, pubblicato anche su La Nazione.
Articolo di cronaca dell’udienza di apertura del processo a Milani, assai equilibrato. Scritto in forma serena e rispettosa, documentato da ampi stralci della Lettera ai giudici, questo articolo contribuì a far cadere molte diffidenze preconcette sulle posizioni di don Milani.
Si presenta in prima pagina la Lettera ai giudici, definita un documento esemplare.
Il quotidiano romano della destra estrema definisce "qualunquistico" il memoriale difensivo presentato ai giudici da don Milani.
Con riferimento alla Lettera ai giudici, l’autore riconosce la rilevanza del problema posto da don Milani, pur affermando che nella Lettera si possono trovare ingenuità e contraddizioni. L’articolo appare anche su Il Corriere d’Informazione del 30 ottobre.
L’articolo è citato in Cristofanelli (1975). L’articolo è siglato G. G.
L’articolo è citato in Cristofanelli (1975), mentre Riccioni (1974) lo classifica come articolo anonimo. Vi si riporta una sintesi dell’autodifesa di Milani.
Commento della Lettera ai giudici. L’autore ne mette in risalto il "vibrante tono polemico". Si pubblicano ampi stralci dell’autodifesa di Milani, scrivendo che "ha riveduto e corretto la storia d’Italia depurandola, egli ha detto, di molte ignobili mistificazioni".
Corsivo di accompagnamento, firmato M. T., all’articolo di Mario Cartoni sulla Lettera ai giudici; in esso si critica la posizione di don Milani in quanto prospetta la ribellione alle leggi ingiuste, cosa che l’autore del corsivo ritiene inammissibile, in quanto lo Stato "nasce come proiezione dei diritti dell’individuo".
Viene pubblicata la Lettera ai giudici, accompagnata da poche righe di approvazione. Citato in Riccioni (1974).
L’articolo è citato in Cristofanelli (1975).
Viene pubblicata la Lettera ai giudici, con poche righe di condivisione.
Pubblicata per intero la Lettera ai giudici.
Il quotidiano del M.S.I. scrive che Milani "vuole meditatamente indurre in errore i giovani per portarli alla sovversione contro lo Stato". Al priore "non può, allora, essere consentito […] di avvelenare altre giovani coscienze".
Citato in Riccioni (1974). In altra parte del giornale viene pubblicato il testo integrale della Lettera ai giudici.
Si tratta di un articolo citato in Riccioni (1974). Ma in esso non vi è il minimo accenno né a Milani né alle vicende che lo riguardano.
"Don Milani ne sa più del Papa. Il suo orgoglio è smisurato. Ma egli non se ne accorge e promette ai giudici che persisterà nell’errore e che continuerà ad insegnare ai suoi scolari a disobbedire alle leggi".
Si tratta della copertina del settimanale, al cui interno si trova l’articolo di Pingitore Il breviario del prete rosso.
Con riferimento alla Lettera ai giudici, l’autore, pur in un contesto di solidarietà con le posizioni di don Milani, prende le distanze da lui sia sul problema della disobbedienza alle leggi -riducendo il dovere di disobbedire solo a quei casi in cui ciò "sia giustificato da una prolungata sordità dello Stato verso l’evoluzione storica"- che sulla questione della guerra giusta, a proposito della quale l’autore rivendica un diritto di resistenza, anche nel corso di una eventuale guerra nucleare.
Il settimanale di estrema destra dedica due pagine per sostenere che "il parroco di Barbiana [...] incita pure i suoi allievi a violare le leggi ‘ingiuste’ dello Stato". In un riquadro, dal titolo Don Milani censurato da Paese Sera, si riporta il fatto che il giornale di sinistra ha eliminato il riferimento col quale Milani, nella sua autodifesa, prendeva le distanze da Rinascita. Erroneamente Riccioni attribuisce l’articolo ad autore anonimo.
Articolo sul quotidiano di Napoli in cui si attaccano la Risposta ai cappellani militari e la Lettera ai giudici, dando a don Milani attributi come "pazzo", "ignorante", "mascalzone". L’autore, che si definisce ex legionario di Spagna, scrive che Milani "è da togliere dalla circolazione", con qualunque mezzo.
Nell’articolo si sottolinea che il Concilio Vaticano II sta per approvare un testo nel quale si riconosce il diritto all’obiezione di coscienza, e che perciò don Milani è in linea con la propria chiesa.
Citato in Riccioni (1974). Si tratta di un trafiletto in cui si scrive che "a don Milani va la gratitudine dei socialisti".
Lettera di un generale al giornale della destra estrema, sul problema dell’obiezione di coscienza. Fa seguito ad un articolo di tal Pugliese (1965) sullo stesso giornale, con il quale si dice d’accordo, e ribadisce che "bisogna farla finita" con chi fa azione "denigratrice e antipatriottica", auspicando una severa sentenza di condanna verso il "traditore della Patria", don Milani. La redazione del giornale aggiunge, in risposta, un ringraziamento al generale ed un invito al Vaticano perché intervenga con un energico richiamo che metta fine "alle follie di certi falsi preti".
Il resoconto di una discussione sul Priore tra sette giovani fiorentini.
Con riferimento alla lettera di Milani agli ex cappellani militari, l’autore si dice in disaccordo con la distinzione tra guerre giuste e guerre ingiuste, mentre si dice d’accordo con il priore sull’obiezione di coscienza e sull’arretratezza delle leggi al riguardo. L’autore scrive che Milani merita rispetto e gratitudine, perché "è uno di quei rari uomini che annunciano e preparano leggi migliori in un mondo migliore". Don Milani gradirà poco questo articolo, arrivando a chiedere al direttore del giornale (Ernesto Rossi) di pubblicare una propria rettifica ad esso. Sullo stesso numero, la rivista pubblica il testo integrale della Lettera ai giudici. Articolo citato in Riccioni (1974), che lo attribuisce però ad autore anonimo.
Viene pubblicato qui il testo integrale della Lettera ai giudici.
Contro le posizioni sostenute da don Milani.
Riporta la lettera del 23 settembre del priore al generale Guido Bauer, che lo aveva "deplorato" per la difesa degli obiettori. Il giornale pubblica anche la replica del generale. È citato in Riccioni (1974), ma con un errore nel titolo.
Citato in Riccioni (1974).
L’autore scrive che da tutta Italia giungono appelli a favore di don Milani. L’articolo è firmato Paolo Meucci.
Si dà notizia di una eccezione sollevata dalla difesa di Pavolini. L’articolo è citato in Riccioni (1974), ma con il titolo inesatto ed è attribuito ad anonimo.
Si annuncia che sono state respinte tutte le richieste della difesa. A lato appare un trafiletto dal titolo Un Comitato di solidarietà con don Milani.
Si dà notizia che sono state respinte dal tribunale le istanze per la citazione di importanti testimoni.
L’autore scrive che la difesa presentata da Milani è "un documento senz’altro eccezionale che sarebbe disonesto non prendere in considerazione".
Dà notizia di un documento sottoscritto "dalle più significative figure del mondo culturale e politico italiano". Citato in Riccioni (1974).
La notizia che il tribunale ha respinto tutte le istanze della difesa di don Milani.
Cronaca dettagliata dell’udienza del processo. Articolo c itato in Riccioni (1974).
Citato in Lunardi (1971).
Un nuovo rinvio, al febbraio 1966.
Oltre alla cronaca del processo, viene pubblicato un riquadro dal titolo Solidarietà con don Milani.
Uno dei tanti articoli di cronaca del processo a Milani e Pavolini. L’articolo è siglato G. G.
Una cronaca dell’udienza del processo.
Un articolo assai lungo, che riporta la cronoca dettagliata della giornata processuale.
L’articolo riporta la notizia che la richiesta è stata però respinta.
L’autore riporta le reazioni dell’opinione pubblica alle due lettere di don Milani (ai cappellani militari ed ai giudici), scrivendo anche che "un prete che interviene come don Lorenzo, con tanto coraggio nelle "cose del mondo" è anche lui, si voglia o no, un rivoluzionario".
L’autore afferma che dichiarare gravi le condizioni di salute di don Milani è una bassa menzogna. Afferma anche che per Milani "i comunisti hanno raccolto più di tre milioni". Citato in Riccioni (1974).
Riportando l’opinione di "uno dei maggiori critici letterari italiani", l’autore afferma che gli scritti di don Milani "possono essere considerati come uno dei documenti più alti della letteratura contemporanea".
Ancora un articolo sulla Lettera ai giudici.
È sempre la recensione del libro di Pancera, del quale si dice essere un’opera che fa con acume e chiarezza il punto sull’uomo, sul prete, sull’educatore e sul profeta Milani.
L’autore definisce "deformato" il concetto che identifica la patria quasi soltanto "nelle imprese militari".
Si riferisce alla Lettera ai giudici.
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Questa registrazione, riportata parzialmente su L’Avanti! del 2 luglio 1967, dopo la morte di Milani, fu carpita in modo semi-fraudolento. In una domenica di dicembre precedente al giorno 14 -la data viene così ricostruita da Mario Cartoni, in una lettera a Giorgio Pecorini (1996)- il priore accettò di incontrare un gruppo di studenti di una scuola fiorentina di giornalismo, saliti a Barbiana con alcuni dei loro insegnanti, e tenne loro una specie di lezione, permettendone la registrazione a condizione che non fosse resa pubblica. In questa registrazione il priore afferma, tra l’altro, che ormai il suo libro Esperienze pastorali ha perduto tutta la sua carica dirompente, e la sua condanna non è più di attualità. Vi si afferma anche che la Lettera ai giudici non è una lettera sull’obiezione di coscienza bensì sull’obbedienza.
Cortometraggio girato dal regista nella chiesetta di Barbiana. Citato in Fallaci (1974, pag. 260). Dal filmato del regista emerge, secondo F. Manfriani, "una scuola che ha abolito il tempo". Don Milani non permise che fosse filmata la messa, ma si prestò assieme ai ragazzi per "recitare" due momenti non decisivi del rito.